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curiosità
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notizie di curiosità e arte in qualche modo legate al Cilento
indice: curiosità:
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scultura | ||||
John Gargano, artista, scultore, con alcune delle sue opere | ||||
John nasce il 21 aprile 1969, lavora con ceramica e vetro, insegna la sua arte all'Università della Louisiana. John è un pronipote di Rosa Meola e Anthony Gargano. | ||||
fotografia | ||||
autore: Marco MAESTRI "il tramonto e il Cilento" |
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un aspirante fotografo di Nairobi che vive a Reggio Emilia e taglia gli spaghetti con il coltello, (con gli extracomunitari ci vuole tolleranza...), tengo a precisare che i difetti di definizione dell'immagine sono dovuti alla compressione che ho necessariamente effettuato per permettere un'agile caricamento dell'immagine, il tutto a scapito della qualità. Complimenti ! | ||||
pittura | ||
un mio modestissimo contributo all'arte figurativa: "il mare",
olio su cartoncino, |
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artisti con DNA cilentano
Tommy Gargano discendente di Angelo Meola (1901-1928) |
Tommy, valente percussionista e inventore del sock-ctmbal, fece parte di numerose orchestre fra le quali quella di Beiderbecke, uno dei padri del Jazz. Con il gruppo ristretto di Bix Beiderbecke, Tommy Dorsey, Don Murray, Paul Mertz, Tommy Gargano incise a Richmond il 26 gennaio 1925 due brani: "Toddlin' Blues" e "Davenport Blues", pubblicati su compact disk nel 1992 da Milestone Records, California. Tommy era il figlio di Rosa Meola (una delle figlie di Angelo Meola). | |||
Tommy, sullo sfondo, seduto. |
At the corner of South 9th and South "A" Street, you will find the Jazz Mural titled "Remembering the Immortals". The Jazz artists featured on this mural are Bix Biderbeck and his Rhythm Jugglers, Tommy Dorsey, Don Murray, Howdy Quicksell, Tommy Gargano and Paul Mertz. The picture has been dated to January of 1925. Bix Beiderbecke And The Chicago Cornets Personnel: Bix Beiderbecke
(cornet); Frank Trumbauer (C melody saxophone); George Johnson (tenor
saxophone); Jimmy McPartland, Muggsy Spanier (cornet); Guy Carey, Tommy
Dorsey, Miff Mole, George Brunies, Al Gande (trombone); Min Leibrook
(tuba); Volley DeFaut, Don Murray (clarinet); Jimmy Hartwell (clarinet,
alto saxophone); Mel Stitzel, Paul Mertz, Rube Bloom, Dick Voynow (piano);
Marvin Saxbe (banjo, guitar, cymbal); Bob Gillette (banjo);
Tommy Gargano,
Vic Berton, Vic Moore (drums). Recorded in Richmond, Virginia and New York
from 1924-1925. Includes liner notes by Max Harrison from a previous
Milestone reissue. |
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Davenport Blues and Tommy Gargano Davenport Blues is Bix's only composition for a jazz band. All his
other compositions are for piano. Therefore, if only for this reason,
Davenport Blues is very important. However, there is more: Davenport
Blues, recorded by Bix and the Rhythm Jugglers on January 26, 1925,
represents Bix's debut as a leader. Moreover, Davenport Blues is an
unusual jazz composition. This has been analyzed in detail by Randy Sandke.
His analysis is transcribed in
http://bixography.com/images/davblues.htm
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Emily e Jimmy Gargano discendente di Angelo Meola
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Emily Seddon |
e il marito Jimmy |
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un ritaglio di giornale, la didascalìa: "STAR BILLING - Mrs. Gargano was enjoying star billings as result of her beautiful coloratura soprano voice and acting ability when this picture was taken Aprile 14, 1926" |
Emily Seddon e il marito Jimmy Jimmy Gargano, 1905, trombettista professionista. Durante una tournè conobbe un soprano nata in Inghilterra, Emily Seddon, e si sposarono a Detroit. Jimmy Morì nel 1970, Emily nel 1994. Un manifesto a Detroit, la didascalìa: "JIMMY GARGANO <The Paul Whiteman of the trumpet> AND HIS ORCHESTRA - Featuring Eddie Krupa - now playing a return engagement at the Copa Show Club"
Jimmy era fratello di Tommy Gargano. Gli altri fratelli Johnny, Angelo e Teresa Gargano (pianista) erano anch'essi musicisti professionisti. |
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curiosità |
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L'unico superstite della battaglia di Little Big Horn ? ..un cilentano.. Mentre a Casigliano veniva alla luce Teresa Di Luccia, il 28 gennaio 1853 a Sala Consilina nasceva Giovan Crisostimo Martino. Egli fu lultimo uomo a vedere vivi il Generale Custer ed i suoi uomini prima del massacro di Little Big Horn. Con il ritrovamento negli archivi dello Stato Civile del Comune di Sala Consilina, ad opera del Dr.Michele Esposito e del Prof. Giuseppe Colitti, del certificato originale di nascita di Giovan Crisostimo Martino meglio conosciuto come John A. Martin, si è posto fine in maniera definitiva a tutte le varie ipotesi sulla provenienza di questo personaggio passato alla storia come lultimo bianco che vide vivi il Generale G. A. Custer ed i suoi uomini prima del massacro di Little Big Horn ad opera degli indiani Sioux e Cheyenne. Fino ad oggi veniva indicato in Sala Consilina il luogo di provenienza, ma i biografi non ne erano sicuri in quanto, nonostante ripetute ricerche, non erano stati trovati documenti che ne comprovassero la nascita in questo Comune. Da qualche altra fonte veniva riportata la città di Roma come quella che gli aveva dato i natali, ma sempre in maniera dubitativa per la mancanza di riscontri documentali. Oggi sappiamo che i motivi che avevano ostacolato le ricerche erano la data di nascita ed il cognome errati. Alletà di 14 anni lo troviamo come tamburino presso il Regio esercito a combattere contro gli Austriaci nella battaglia di Custoza (24 giugno 1866). Emigrò negli Stati Uniti nel 1873 ed il 1 luglio 1874 fu arruolato presso il 7° Reggimento Cavalleria come trombettiere. Partecipò a vari episodi della guerra indiana ed il fatidico 25 giugno 1876, al fianco di Custer come trombettiere di servizio, fu incaricato da costui di portare un messaggio con la richiesta di rinforzi e munizioni al Cap. Benteen che si trovava nelle retrovie. Il seguito della storia è nota: per tutta una serie di errori e malintesi il Gen.Custer si trovò ad affrontare da solo le preponderanti forze indiane in agguato e fu massacrato insieme al suo battaglione. Dopo Little Big Horn, il nostro Martin partecipò ad altri episodi della guerra indiana nel 7°Cavalleria fino al 1879 quando si sposò con Julia Higgins e venne arruolato nel 3°Artiglieria.Viene definitivamente congedato dallEsercito il 7 gennaio 1904 con il grado di Sergente Maggiore. Nella vita civile fece il bigliettaio nella Metropolitana di New York. Morì di broncopolmonite il 24 dicembre 1922 e fu sepolto nel Cipress Hills National Cemetery, Brooklyn, lasciando la vedova e cinque figli (una femmina e quattro maschi) due dei quali si arruolarono a loro volta nellesercito Usa diventando ufficiali di carriera.
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chi fu il terrore della "mano nera" ? Nello stesso anno della nascita di Angelo Meola, nel 1860, nasce nel Cilento, a Padula, Giovanni Petrosino. Emigra negli Stati Uniti nel 1873, alletà di 13 anni e appena possibile si arruola nella polizia di New York. In seguito allattentato compiuto dallanarchico Gaetano Bresci contro Umberto I a Monza, il 29 luglio 1900, Joe Petrosino riceve lincarico di infiltrarsi negli ambienti libertari di Paterson, New Jersey, da cui Bresci proveniva, per scoprire i complici e i mandanti dellattentato di Monza. Petrosino scopre che il regicidio era frutto di un complotto ordito a Paterson da un gruppo di anarchici affiliati alla Mano Nera e che Bresci era stato designato mediante lestrazione a sorte con i numeri della tombola. In origine la MANO NERA e' il nome che si danno alcune societa' segrete anarchiche spagnole attorno al 1880. Ad "importarla" nel Nord America sono, con ogni probabilita', degli anarchici europei immigrati come risulta anche da una dichiarazione di Joe Petrosino "... la Mano Nera, come organizzazione vera e propria, non esiste ... Quelle che realmente esistono sono delle bande, spesso molto piccole e comunque non collegate fra di loro, che sfruttano autonomamente questo nome inventato dagli anarchici". Nella sua simbologia tale "banda di delinquenti e anarchici" (la definizione e' del generale Bingham, capo del Dipartimento di Polizia), ricorre oltre alla mano (sovente chiusa a pugno), a simboli caratteristici della "setta anarchica internazionale" quali teschi e pugnali.
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Negli Stati Uniti
la "Mano Nera" si diffuse con il pretesto di
assicurare protezione" agli immigrati, divenendo
subito una terribile aggregazione di gangster che non
esitavano a taglieggiare i piccoli commercianti nelle
varie Little Italy. Scopre anche che questa
organizzazione, nata anarchica, stava degenerando per
linfiltrazione di criminali comuni, ma molti
componenti anarchici puri continuavano a
farne parte e progettare attentati, persino contro il
presidente degli Stati Uniti McKinley, poi effettivamente
assassinato da un sovversivo, di origine polacca, a cui
viene trovato nel portafoglio un ritaglio di giornale
riguardante l'atto di Bresci. Durante tale indagine
Petrosino, famigerato per i suoi metodi violenti,
sottopone ad interrogatorio Sophie Knieland, moglie di
Bresci, maltrattandola pesantemente. Nel 1908 per
combattere la Mano Nera il Capo del
Dipartimento di Polizia di New York ed il Tenente Joe
Petrosino, migerato per i suoi modi violenti, con
abbondanti finanziamenti di ricchi uomini di affari quali
J.D. Rockfeller, A.Carnegie e altri, organizzano una
squadra speciale di agenti con licenza di
uccidere. Contemporaneamente il Dipartimento di
Polizia conduce, assieme ai criminologi della Cornell
University, un'inchiesta, specifica sulla Mano Nera, da
cui emerge lo stretto rapporto esistente tra la
criminalita' italo-americana e "certe bande
politiche", con un riferimento specifico alle
"infami aree anarchiche tra Firenze e Bologna"
(e Bresci si ricordi era di Prato). L'anno seguente
Petrosino, ormai salito alla notorieta' come scopritore
di trame eversive (un giornale aveva intitolato: "I
complotti degli assassini anarchici rivelati dal
detective Petrosino"), viene inviato in Italia per
una missione riservata e viene assassinato a Palermo il
12 marzo 1909, vigilia dellanniversario
delluccisione dello Zar Alessandro II da parte dei
rivoluzionari russi di Narodnaja Volja, con
lo stesso numero di colpi sparati da Bresci contro
Umberto I. Le indagini indicarono che lassassinio
fu ordinato dalla mafia italo-americana. La Mano
Nera negli anni seguenti si diffonderà a macchia
dolio dallAmerica ai Balcani, proiettando la
sua ombra sul fatale attentato di Sarajevo del 1914. I
funerali di Joe Petrosino a Palermo vennero interrotti
per motivi di ordine pubblico turbato da un complotto di
anarchici.
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L'assassino fu identificato nel boss
siciliano Don Vito Cascio Ferro, prima giovane anarchico,
poi presidente dei Fasci di Bisaquino. Don Vito
Partecipò alla "'occupazione delle terre" del
1992 rifugiandosi poi in Tunisia per la repressione
ordinata dal ministro deglinterni Crispi. Nel 1901
emigrò negli Stati Uniti e negli ambienti anarchici di
Paterson fu accolto come "reduce dei gloriosi moti
siciliani del 1892", divenendo ben presto l'eminenza
grigia della "Mano Nera" dell'epoca. Don Vito
inventò il racket delle estorsioni: <fateci
bagnare u pizzu>, il becco, dicevano gli strozzini
della mala alle vittime designate. Le lettere estorsive
venivano "firmate" con l'impronta di una mano
nera, la prima lettera comparve nel 1903 ed i l fenomeno
si sparse anche nel Canada. Vito Cascio vuole conoscere
personalmente la compagna di Bresci, quella Sophie
Knieland menzionata in precedenza. Tale atto di rispetto,
tipico di un capo verso la donna di un affiliato
"caduto", e' seguito dalla nascita di una
amicizia tra i due, provata da numerose lettere. Anche il
giorno in cui Vito Cascio Ferro viene arrestato per la
morte di Petrosino ha in tasca un biglietto - il cui
contenuto rimane sconosciuto - scritto dalla bella
Sophie, vittima a suo tempo dello "sgarbo"
compiuto dall'accanito avversario dei senza-legge, Joe
Petrosino. La leggenda di Joe Petrosino, segugio implacabile e poliziotto coraggioso, generò una lunga serie di opere tra scritti, fumetti, ed uno sceneggiato televisivo, di Arrigo Petacco (1972), incentrato sulle gesta del celebre poliziotto, interpretato da Adolfo Celi, nella cui sigla finale, Fred Bongusto canta "stateve accorti a quello che fate / brutte facce di Broccolino / è cominciato nu repulisti fino / Joe Petrosino vi face trimari". Una raccolta di cimeli e documenti relativi alle gesta del celebre poliziotto è custodita nei locali della Certosa di Padula. Un museo sta per essere approntato nella casa natale di Petrosino, a cura di Nino Melito, pronipote di Petrosino. La raccolta fu esposta nel palazzo reale di Napoli nel 1994 in occasione della conferenza dell’ONU sulla criminalità. A New York ha rappresentato la Campania nella manifestazione “l’Italia e le sue Regioni”. |
l Cilento e il mistero di Majorana
Approfondendo e portando nuovi
elementi ad una celebre inchiesta di Leonardo Sciascia.
Intervista esclusiva ad Andrea Amoresano, 90 anni, pastore. Dice:
"Ho visto Majorana scappare per le montagne di
Perdifumo". La tesi del suicidio dello scienziato atomico
sempre più inverosimile. LA STORIA, di Oreste Mottola Dopo aver espresso in due
lettere il vago proposito di "voler scomparire", nel
marzo del 1938, Ettore Majorana s'imbarca sul postale
Napoli-Palermo. Majorana, il fisico più geniale della
generazione di Fermi, con cui ha studiato, scompare. Riservato,
solitario, scontroso, il giovane Majorana ha le doti per arrivare
a risolvere i problemi connessi con l'invenzione dell'atomica. La
famiglia pensa anche ad una fuga dettata dalla follia, ma a nulla
servono le ricerche dei servizi segreti spronati dallo stesso
Mussolini.
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E' il Cilento l'ultima terra
d'asilo del grande ed inquieto scienziato ? Un giornalista, Oreste Mottola, ha interrogato, un ex pastore novantenne, Andrea Amoresano, da tutti chiamato 'tatarelea', che dopo 57 anni di silenzio ha rivelato quello è stato fino ad oggi da queste parti uno dei segreti meglio custoditi. Dice Amoresano: "Io lo ricordo bene Majorana. Allora noi non sapevamo il suo nome e nemmeno chi era e perchè scappava. Sembrava un disertore di guerra. Un fuggiasco. Un selvatico. Dormiva nella zona del Cafaro di S. Arcangelo, - dove c'è un vecchio monastero basiliano - una delle zone più impervie della nostra montagna". Alla suggestiva ipotesi che vuole Ettore Majorana, in fuga da tutto e tutti, eclissarsi nel Cilento sostando anche nei boschi di Perdifumo i primi a credervi sono stati gli stessi familiari dello scienziato nucleare. Ad alimentare le speranze dei familiari fu la strana vicenda delle due lettere d'addio dello scienziato, scritte prima di imbarcarsi per Palermo. La prima venne spedita per posta a Carrelli, direttore dell'Istituto di Fisica dell'Università di Napoli, e la seconda lasciata in albergo per i familiari. La prima lettera è piena di espressioni ambigue; Si parla di "scomparsa" - al posto di morte o fine - ed afferma che conserverà un buon ricordo dei colleghi e collaboratori "...possibilmente anche dopo". Leonardo Sciascia la commenterà così: "...è al vertice dell'incertezza sull' immortalità dell'anima, ma al tempo stesso sul confine tra la vita e la morte, tra la decisione di morire e quella di continuare a vivere...". Arrivato a Palermo Majorana spedisce subito un telegramma al prof. Carrelli dove smentisce quanto scritto nella sua lettera e gliene annuncia un'altra. Contiene le sue dimissioni dall'incarico di professore ed aggiunge: "Non mi prendere per una ragazza ibseniana perchè il caso è differente". L'ultima lettera è del 26 marzo. Secondo gli accertamenti della polizia, la sera di quello stesso giorno, alle sette, Majorana s'imbarcò sul "postale" per Napoli; e a Napoli sbarcò l'indomani alle 5,45. Si gettò forse in mare? Ettore Majorana |
Che il viaggio fosse stato effettuato fino allo sbarco a Napoli, lo diceva il biglietto di ritorno che era stato consegnato e che si trovava alla direzione della "Tirrenia". Che nella cabina, corrispondente a quella assegnata dal biglietto ad Ettore Majorana, avesse viaggiato una persona che poteva essere lui, lo diceva il professore Vittorio Strazzeri, che aveva passato la notte nella stessa cabina. Il sindaco di Perdifumo, l'avv. Giovanni Farzati, era nel 1938 un giovane studente liceale che stava preparando la maturità. Al ritorno a casa trova, ospiti della sua famiglia, Luciano e Salvatore, i fratelli di Ettore Majorana. :"organizzavano battute in montagna e tenevano sotto pressione i pastori. Questi ultimi apparvero subito molto reticenti. Poi dopo ho saputo che lo scienziato in fuga li pagava per tacere. Un'altra pista vuole ancora lo scienziato nascosto proprio nel convento del centro cilentano, dov'era priore Salvatore Bergantini, il giovane e colto padre gesuita che - oltre ad essere fine latinista e filosofo - parlava tedesco e faceva professione di aperto antifascismo e intratteneva corrispondenza con il celebre scrittore Massimo Bontempelli. Luciano e Salvatore Majorana, che durante le ricerche cilentane s'erano appoggiati presso la casa dei Farzati, se ne andarono ma restarono convinti che su queste montagne c'era la soluzione dell'enigma legato alla sparizione del fratello. "Majorana - scrive Leonardo Sciascia - è sul confine tra la vita e la morte, tra la decisione di morire è quella di continuare a vivere". Già l'avvocato Bartolomeo Farzati aveva raccontato quei lontani fatti: "nel maggio del '38 alcuni giovani di Perdifumo s'imbatterono in un uomo abbastanza giovane, forestiero, capelli neri, occhi scuri, molto colto. Apparve subito non essere un malvivente in fuga, tantomeno un pazzo. Diceva che voleva starsene in pace. La voce si diffusa ed arrivarono i suoi fratelli". "Quelli che vennero a cercarlo - racconta Amoresano - erano gente stava buona a soldi. Avevano anche dei cani addestrati. Vedendo che io tenevo la casa sgarrupata mi dissero se li aiutavo me l'avrebbero aggiustata. Ma quello continuò a scappare e non si fece prendere". Il settantacinquenne Farzati è tra i più convinti che Majorana abbia sostato a Perdifumo. "Come e perchè è arrivato quì è un mistero che ancora oggi non ha spiegazioni plausibili. Il paese non era certo irraggiungibile. C'era una corriera che per due volte al giorno collegava il paese con Agropoli". Non è che c'entri qualcosa il fatto che Vatolla, luogo caro al filosofo Giovambattista Vico, sia una frazione di Perdifumo? . "Può darsi ,chissà" , dice il Sindaco. Ma com'è che nel paese si sono accorti della presenza dello scienziato fuggitivo? Risponde ancora Farzati: "Nel maggio del 1938 nelle fitte foreste di Perdifumo alcuni pastori s'imbatterono in un uomo abbastanza giovane, capelli neri, occhi scuri, colto. Apparve subito non essere un malvivente in fuga tantomeno un pazzo. Diceva che voleva stare in pace, scomparire definitivamente". |
LE RETICENZE DEI PASTORI Ma
dopo qualche mese qualcuno tra i pastori cominciò ad
insospettirsi. C'era la paura di andarsi a cacciare in qualche
guaio con la legge anche perch lo sconosciuto aveva con
s molto denaro. Ed è per questo che qualcuno di loro,
oltrepassò il portone della casa dei Farzati e si confidò con
il medico condotto, il padre dell'attuale sindaco, e fu questi
che decise di avvisare la famiglia di Majorana, che era già a
Napoli.
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UN PRIMO STOP ALLE RICERCHE Un primo stop alle ricerche venne anche dalla fede non apertamente fascista della famiglia Farzati. Per questo i Carabinieri li tenevano discretamente sotto controllo e ben presto si accorsero dell'insolito trambusto e dei forestieri che giravano per il paese ed informarono le autorità superiori. E fu allora che la mamma di Ettore Majorana scrisse una lettera supplica direttamente a Mussolini dove diceva: "Cercatelo nelle campagne, in qualche casa di contadino dove più lungamente può far durare il denaro che ha portato con sè". Confermando così l'ipotesi che il figlio si fosse perso a Perdifumo e nelle montagne cilentane. FINIRONO NEL NULLA Ma le ricerche non approdarono a nulla. Il 17 luglio 1938, nella rubrica Chi l'ha visto? del più popolare settimanale italiano dell'epoca, la Domenica del Corriere, veniva fuori una piccola fotografia e una descrizione dello scomparso Ettore Majorana: Di anni 31, alto metri 1,70, snello, con capelli neri, occhi scuri, una lunga cicatrice sul dorso di una mano. Chi ne sapesse qualcosa è pregato di scrivere...". Questo contribuì ancora di più a diffondere la voce e, il 2 agosto del 1938, in località Gaudio di Perdifumo, durante una festa popolare che vede i francescani del Convento distribuire peperoni fritti, un pò di pane ed un bicchiere di vino, un tizio cominciò a gridare "ecco Majorana ! " ed indicava un ignaro pittore napoletano che si trovava lì per caso e molti si misero a rincorrere il malcapitato pittore che, vedendosi inseguito da tanta gente, cercò di darsela a gambe. E ce ne volle per chiarire l'equivoco. |
MAJORANA NEL CONVENTO DI PERDIFUMO? Si
sgonfia anche la pista che avrebbe visto Ettore Majorana
nascosto nel Convento di Perdifumo dov'era priore
Salvatore Bergantini, giovane e colto gesuita, che
polemizzava con il celebre scrittore Massimo Bontempelli,
era ottimo latinista e filosofo, parlava bene il tedesco
ed era in forte odore di antifascismo. Proprio l'attuale
sindaco Farzati è stato amico del sacerdote Bergantini:
" Questi era uomo di eccezionale intelligenza che
amava circondarsi di un gruppo di giovani perdifumesi.
Tra questi c'ero io. Se ospitava Majorana prima o poi
l'avremmo saputo. Invece non ha mai detto niente".
Anche questa supposizione partiva da dati di fatto:
Ettore Majorana aveva studiato dai gesuiti e al Superiore
della Chiesa del Gesù Nuovo di Napoli - negli ultimi
giorni di marzo o nei primi di aprile del '38 - si
presenta un giovane, che con un minimo di margine
d'incertezza riconosceva nella fotografia di Ettore
Majorana l'uomo che gli chiede di essere ospitato in un
ritiro per fare esperimento di vita religiosa. CONTRO LA TESI DEL SUICIDIO Poi nulla più. Che si sia veramente incamminato nei luoghi cari a Giovambattista Vico e vi sia rimasto nascosto da qualche parte? Contro la tesi del suicidio c'è il fatto che Ettore Majorana portò con sè passaporto e denaro. Va a ritirare i cinque stipendi arretrati all'Università e si fa consegnare la sua parte del conto bancario di famiglia. Aveva bisogno di tanti soldi, per quel che intendeva fare? Che cosa? |
GENIO E SREGOLATEZZA Gastone
Piquè racconta: "Da studente, Ettore Majorana frequentò
Ingegneria sino al quarto anno senza acquistare un libro. Non gli
interessava molto, era sempre impegnato nei suoi studi privati.
Due giorni prima dell'esame si faceva prestare i libri da me e se
li sfogliava...". MAJORANA IN CAMPANIA Majorana conosceva bene la Campania. Nella costiera amalfitana ci veniva in villeggiatura con la famiglia. Ed era per lui un soggiorno piacevole se una volta scrisse all'amico Piquè: "...mi sono dato al più scientifico dei passatempi: non faccio niente ed il tempo passa lo stesso". Soffre di una gastrite contratta in Germania. Aveva dolori viscerali che spesso gli impedivano di lavorare, aumentando il suo stato di depressione. La malattia gli derivava soprattutto dal suo singolare sistema di vita: normalmente dormiva di giorno e lavorava di notte con un solo intervallo per una breve passeggiata. LAutore: Oreste Mottola tel. 03384624615 e mail: mottola@freemail.it torna all'inizio dell'articolo
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